Una tavola rotonda sui progetti eolici e fotovoltaici davanti alle coste e nelle campagne di Alghero. Hanno partecipato Francesco Pinna (consigliere di amministrazione della Cantina Santa Maria la Palma), Pasquale Manca (proprietario dell’oleificio San Giuliano), Giovanni Delrio (rappresentante dei pescatori), Raimondo Cacciotto (sindaco di Alghero), Mariano Mariani (direttore del parco di Porto Conte) e Stefano Lubrano (albergatore).
Tre progetti eolici con pale alte 355 metri davanti alle coste algheresi, decine di parchi eolici e fotovoltaici che minacciano la Nurra: se fossero realizzati quali sarebbero gli effetti su pesca, agricoltura, turismo e paesaggio?
Stefano Lubrano (albergatore): «Il mondo va verso la produzione di energia da fonti rinnovabili con benefici già evidenti: nel mio albergo l’ho sperimentato con il fotovoltaico. Però quando questa novità impatta violentemente sul territorio e sulle persone che lo abitano occorre intervenire. È il caso di Alghero: qui vorrebbero installare torri alte quanto l’hotel Burj Al Arab di Dubai su 950 chilometri quadrati di mare creando problemi alla pesca, al paesaggio, al turismo, a siti che per gli algheresi hanno un valore storico e culturale come la vasca di Ciù Peppì che sarebbe stravolta dai cavi per il trasporto dell’energia. Queste iniziative dovrebbero essere bloccate».
Mariano Mariani (Parco di Porto Conte): «Il piano europeo di gestione dello spazio marittimo prevede che le torri eoliche non siano visibili né intralcino in alcun modo la tutela degli habitat marini: basterebbero gli aspetti ambientali per contrastare progetti calati dall’alto, come quelli che affollano il mare di Alghero. Fanno parte di un modello di sviluppo che risponde a interessi totalmente slegati dalle comunità costrette a ospitarli. L’altra idea di crescita, alternativa alla prima, è legata all’economia circolare, impone logiche di autoconsumo con l’azzeramento dei costi di trasporto dell’energia, diventa un punto centrale della competitività delle imprese. La Regione potrebbe finanziare le comunità energetiche nei Comuni sopra i 5.000 abitanti, attenta a non favorire le logiche speculative».
Raimondo Cacciotto (sindaco): «Chi volesse ammirare il tramonto su Capo Caccia sarebbe costretto a guardare queste torri gigantesche. Se anche uno solo di questi impianti arrivasse al termine dell’iter autorizzativo comprometterebbe il nostro paesaggio e la città come l’abbiamo conosciuta, con conseguenze nefaste. Il progetto Mistral prevede che i cavidotti sbarchino in un sito importante per la comunità algherese, la vasca di Ciù Peppì, poi proseguano per Valverde. In un altro – sulle carte è indicato con la sigla Alg – si immagina incredibilmente l’ingresso dei cavi nella spiaggia di Maria Pia con lo sbancamento di una duna di sabbia. Il Sardinia North West punta a far arrivare i cavidotti nella banchina portuale, per poi attraversare mezza città, compreso il lungomare, con scavi e cantieri dappertutto. Come difenderci? Ci vogliono criteri certi, la Regione li sta individuando. Nel frattempo stiamo coinvolgendo la comunità, abbiamo fatto la richiesta di indizione pubblica, una procedura quasi mai utilizzata dalle amministrazioni comunali che obbliga le società a un confronto pubblico. Ci sono altri aspetti di cui siamo all’oscuro. Faccio un esempio: quale impatto avrà sull’avifauna? La transizione energetica è una strada obbligata, è altrettanto certo che debba essere equa e rispettosa dei territori. Dobbiamo chiederci se sia giusto compromettere le bellezze naturali di cui noi abbiamo goduto mentre alle generazioni future resterebbe solo il ricordo».
Giovanni Delrio (pescatore): «È un’enorme speculazione finanziaria devastante per la città. Vogliono piazzare oltre cento pale che si vedranno da Capo San Marco a punta dell’Argentiera, alcune a 12 miglia dalla costa nonostante il lavoro spinga i miei colleghi e me fino a 20 miglia. L’effetto ottico sarà di tre “isole” gigantesche ancorate al fondo da centinaia di chilometri di catene – ogni torre ha tre ancoraggi – che col tempo allontaneranno i pesci e imprigioneranno la spazzatura che galleggia nel Mediterraneo. Tra trent’anni cadranno a pezzi inquinando il mare. Sarebbe la fine della pesca e del diporto perché la ragnatela di torri sarebbe talmente estesa da rendere difficile la navigazione. È una follia».
Pasquale Manca (imprenditore oleario): «Le vie dell’inferno sono lastricate di buoni propositi, come quelli di chi promette una rivoluzione verde mentre calpesta il nostro ambiente, il paesaggio: se li distruggono, per noi sarà la fine. Mi sembra di cogliere più di un punto di contatto con l’intento paternalistico dello Stato negli anni ’60, quando accelerò sull’industrializzazione forzata devastando vaste porzioni della Sardegna. Queste società mostrano un’arroganza d’altri tempi, evitano il confronto con le comunità locali e provocano danni enormi. Hanno tentato di espropriare un terreno alla mia azienda per mettere le pale eoliche solo perché avrebbero speso meno rispetto a un’altra collocazione. Siamo ricorsi al Tar e abbiamo vinto, ma ci è costato soldi e impegno. Per prendere in affitto le aree su cui sistemare gli impianti e speculare con la produzione di energia propongono cifre al di fuori di qualunque logica economica: a quel punto il prezzo di un terreno che vale 10-15mila euro a ettaro schizza a 45-50 mila e le imprese agricole sono tagliate fuori dal mercato. A guadagnare qualche soldo è solo una manciata di proprietari di terre, mi ricorda gli scambi che i coloni facevano con gli indigeni e da sardo mi dispiace. C’è anche un ostacolo tecnico che riguarda l’agrivoltaico: limita di molto le colture possibili, è davvero quello che vogliamo?».
Francesco Pinna (cantina Santa Maria la Palma): «Sui tetti abbiamo pannelli fotovoltaici per 750 chilowatt, probabilmente entro la fine del 2025 taglieremo del 90 per cento la bolletta. Vogliamo creare una comunità energetica con tutti i soci della cantina. È un esempio di come la transizione energetica possa essere fatta con profitto e rispetto per l’ambiente. Le speculazioni invece avvengono con progetti calati dall’alto che nulla lasciano al territorio e arricchiscono solo chi crea gli impianti».
Avete incontrato i rappresentanti delle aziende? Chi sono? Cosa vi hanno proposto? Assunzioni? Agevolazioni sulle bollette?
Lubrano: «Nessun contatto».
Mariani: «Solo adesso, arrivati alla fase calda, il gruppo Acciona ha chiesto un incontro. Mi sarei aspettato che si facessero vivi prima di presentare un progetto che contiene errori enormi sul piano ambientale. È la dimostrazione della necessità di una cabina di regia regionale che filtri le richieste».
Cacciotto: «Il Comune è stato contattato solo dopo che ha avviato il percorso per l’indizione pubblica: ci hanno chiesto un incontro che ancora non c’è stato. È il metodo sbagliato: in qualche maniera hanno provato a tirare dritto, poi se fosse andata male avrebbero contattato la comunità locale».
Delrio: «Per la categoria dei pescatori non ho avuto incontri con nessuno».
Manca: «Siamo stati contattati a più livelli. Normalmente l’approccio è affidato a “un uomo di mezzo” che ti chiede se sei disponibile a incontrare i rappresentanti di società spesso semisconosciute con un patrimonio di poche migliaia di euro. Ci vuole tempo per capire chi c’è dietro. Le condizioni sono sempre vantaggiose, prezzi molto più alti rispetto a quelli di mercato. Abbiamo avuto approcci di ogni tipo: soft, velatamente minacciosi (“possiamo avviare le procedure per l’esproprio”), evasivi. Abbiamo chiesto quali assicurazioni fossero disposti a dare sullo stato dei terreni a fine contratto e le risposte sono state vaghe».
Pinna: «Sono anche un libero professionista e in questa veste ho incontrato gli “sviluppatori”, personaggi che girano per le aziende proponendo affitti e acquisti a cifre almeno doppie rispetto ai prezzi di mercato. Nel nord ovest della Sardegna abbondano queste figure, più o meno serie, che si occupano della maggior parte dei progetti. Nella Nurra c’è un’ottantina di progetti distribuiti su migliaia di ettari. Il vero investitore esce allo scoperto solo alla fine, se e quando il progetto ottiene tutte le autorizzazioni».
Dove mettereste i nuovi impianti?
Lubrano: «Distinguere tra aree idonee e non idonee è difficile, visto che il decreto Draghi stabilisce che quelle non idonee possono diventarlo. Secondo me bisogna utilizzare quella parte di territorio già compromesso, penso al petrolchimico di Porto Torres».
Mariani: «Puntare innanzitutto sui 400mila ettari già compromessi e al centro di logiche di bonifica».
Cacciotto: «Non si può consumare altro suolo, tuteliamo il paesaggio, quindi sì all’installazione su tetti, aree compromesse, zone industriali».
Delrio: «Non in mare, altrimenti davanti ad Alghero avremo un’isola illuminata come Manhattan. Non vorrei che queste pale eoliche finissero come la rete del gas: per costruirla hanno sventrato la citta con costi enormi ed è quasi inutilizzata».
Manca: «Usino le aree degradate, comunque ad Alghero non ci sono zone idonee. I toni devono salire perché questi signori non vogliono arretrare di un millimetro, dobbiamo essere tutti molto determinati».
Pinna: «Utilizzino i siti compromessi».
La Sardegna nell’accordo Stato-Regioni ha accettato di produrre almeno 6,2 gigawatt aggiuntivi con le rinnovabili: il numero si può ridurre?
Lubrano: «Solo se tutte le regioni presentassero la richiesta insieme».
Mariani: «In base a molti studi attendibili, la quota assegnata oggi va bene. Anzi, in prospettiva potrebbe essere rivista al rialzo, magari utilizzando l’idrogeno verde».
Cacciotto: «Ci preoccupa l’aggressione in atto in questo momento, ma l’obiettivo finale dei 6,2 gigawatt non deve spaventare».
Delrio: «Produrremo più energia, non la potremo esportare, terra e mare saranno compromessi e non avremo vantaggi in bolletta. Guadagneranno solo quattro proprietari terrieri che affitteranno i loro terreni agli speculatori. Il popolo si deve ribellare»
Manca: «Si dovrebbero mettere insieme le esigenze delle regioni per farle pesare sul governo nazionale».
Pinna: «La rete di trasporto del nord ovest non è adeguata a ricevere il grande carico di energia previsto dai progetti. Se gli impianti fossero realizzati nel giro di due anni dovrebbero restare spenti».
Caterina Fiori
Paolo Paolini
Roberto Ripa
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