Per andare in pensione in Italia c’è un requisito minimo da soddisfare: aver maturato un certo numero di contributi previdenziali. In Italia infatti non è consentito andare in pensione senza aver mai lavorato: ogni misura richiede un minimo di anni di contributi versati dal lavoratore ed è sulla base di questi che viene calcolata la pensione.
Quindi, non solo serve aver raggiunto una soglia minima di contributi per andare in pensione, ma è anche necessario averne maturati un numero tale da assicurarsi un importo che sia sufficiente per vivere.
Come vedremo di seguito, considerando tutte le misure che consentono di andare in pensione nel 2024, oggi quella che ne richiede di meno necessita di almeno 5 anni di contributi ed è riservata esclusivamente a coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1996. In realtà esiste un’opzione che ne prevede anche meno: si tratta di quella riservata alle persone con disabilità che comporta una grave riduzione della capacità lavorativa, per le quali sono sufficienti 3 anni di contributi per accedere a un trattamento previdenziale (a patto che siano maturati nell’ultimo quinquennio).
Partiamo proprio da queste due misure nella nostra analisi su quanti contributi servono per andare in pensione in Italia, requisiti che è bene sottolineare valgono tanto nel 2024 quanto per il 2025.
Pensione con 5 anni (o 3) di contributi
Il minimo di contributi richiesto per andare in pensione sono 5 anni, a patto però che siano tutti successivi al 1° gennaio 1996. Alla pensione di vecchiaia con 5 anni di contributi, infatti, possono accedere solamente i cosiddetti contributivi puri, ossia coloro che non hanno un’anzianità contributiva antecedente alla suddetta data.
Tuttavia, prima di andare in pensione con 5 anni di contributi devono trascorrere molti anni, in quanto bisogna aver compiuto i 71 anni di età.
In alternativa, la pensione con 5 anni di contributi si raggiunge anche da coloro la cui capacità lavorativa è ridotta a meno di un terzo a causa d’infermità fisica o mentale: nel caso in cui almeno 3 anni di contributi dovessero essere maturati nell’ultimo quinquennio, infatti, questi potrebbero fare domanda o dell’assegno ordinario d’invalidità o della pensione d’inabilità totale (per gli invalidi al 100%), andando in pensione indipendentemente dall’età anagrafica.
Pensione con 15 anni di contributi
Solitamente per l’accesso alla pensione di vecchiaia a 67 anni di età sono richiesti, come vedremo di seguito, 20 anni di contributi. Tuttavia, per coloro che rientrano in una delle tre Deroghe Amato ne sono sufficienti 15 anni. Ciò è possibile qualora:
- i 15 anni di contributi siano stati maturati entro il 31 dicembre 1992;
- entro il 26 dicembre 1992 l’interessato sia stato autorizzato al versamento volontario dei contributi;
- l’anzianità assicurativa sia almeno pari a 25 anni, mentre almeno 10 anni devono risultare lavorati in modo discontinuo. È necessario aver maturato almeno un contributo settimanale nel sistema retributivo, quindi entro il 31 dicembre 1995.
Pensione con 20 anni di contributi
Diversamente, alla pensione di vecchiaia si accede una volta raggiunti i 20 anni di contributi e al compimento dei 67 anni di età.
Ma con 20 anni di contributi è possibile anche anticipare l’accesso allapensione al compimento dei 64 anni, possibilità tuttavia riservata ai soli contributivi puri (ossia chi ha iniziato a maturare contributi dopo il 1996). Per questi, infatti, la pensione anticipata si raggiunge una volta che tutti i seguenti requisiti vengono soddisfatti:
- 64 anni di età;
- 20 anni di contributi;
- importo della pensione non inferiore a 3 volte il valore dell’Assegno sociale (2,8 volte per le lavoratrici con un figlio, 2,6 volte per quelle con almeno 2 figli).
In tal caso quindi il pensionamento, a parità di contributi, potrà essere anticipato di 3 anni rispetto a quanto previsto dalla normativa vigente.
Pensione con 30 anni di contributi
Con 30 anni di contributi è possibile invece anticipare l’uscita dal lavoro ricorrendo all’anticipo pensionistico conosciuto anche come Ape sociale. Confermato anche per il 2025, questo consente di uscire dal mercato del lavoro all’età di 63 anni e 5 mesi, percependo nel contempo un’indennità sostitutiva della pensione.
A potervi accedere, però, sono solamente i disoccupati di lungo periodo, gli invalidi (almeno al 74%), i caregiver e i lavoratori addetti a mansioni gravose. E per quest’ultimi sono richiesti 36 anni di contributi, eccetto il caso dei lavoratori dell’edilizia per i quali ne sono sufficienti 32 anni.
Pensione con 35 anni di contributi
Con 35 anni di contributi, purché versati entro il 31 dicembre 2023, è possibile accedere a Opzione donna, riservata alle lavoratrici che:
- hanno compiuto i 61 anni entro il 31 dicembre 2023;
- hanno compiuto i 60 anni entro il 31 dicembre 2023 e hanno almeno 1 figlio;
- hanno compiuto i 60 anni entro il 31 dicembre 2023 e hanno almeno 2 figli.
E non basta: per andare in pensione con Opzione donna, infatti, bisogna appartenere a una delle seguenti categorie:
- lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale. Per queste vale sempre il requisito anagrafico di 58 anni.
Anche Opzione Donna è stata confermata nel 2025, estendendo così la possibilità di smettere di lavorare in anticipo anche alle lavoratrici che ne maturano i requisiti entro il 31 dicembre 2024.
Pensione con 41 e più anni di contributi
Per chi ha maturato almeno 41 anni di contributi vi è la possibilità di andare in pensione molto prima rispetto ai 67 anni indicati dalla pensione di vecchiaia, Ad esempio, grazie a Quota 103, confermata anche nel 2025, una volta raggiunti 41 anni di contributi è possibile andare in pensione a 62 anni di età.
Diversamente, con Quota 41 il diritto alla pensione si raggiunge indipendentemente dall’età anagrafica, in quanto è sufficiente una contribuzione di 41 anni. Tuttavia, tale opzione è riservata ai soli lavoratori precoci, ossia chi ha maturato 12 mesi di contributi entro il compimento dei 19 anni di età, che fanno parte di una delle seguenti categorie:
- disoccupati di lungo periodo;
- invalidi almeno al 74%;
- caregivers;
- addetti a lavori gravosi.
Da tempo si discute della possibilità di estendere la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi a tutti i lavoratori, così da superare quanto stabilito dalla legge Fornero per quanto riguarda la pensione anticipata, ossia quell’opzione per cui il collocamento in quiescenza avviene, indipendentemente dall’età, al raggiungimento di:
- 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini;
- 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne.
Tuttavia, per il momento non ci sono possibilità per un accordo su Quota 41 per tutti, tanto che di questa misura non se ne parla nella legge di Bilancio appena approvata.
Come i contributi versati incidono sull’importo della pensione
Come visto sopra per andare in pensione in Italia serve un numero di contributi variabile in base alla misura a cui si ricorre.
Per quanto comunque è bene sapere che più sono gli anni di lavoro e maggiori possibilità ci sono di ottenere un assegno di importo soddisfacente. Ciò vale tanto per la parte di pensione calcolata applicando il sistema retributivo (quindi per i periodi antecedenti al 31 dicembre 1995), dove per ogni anno di contributi spetta il 2% della retribuzione pensionabile, quanto per quella con il contributivo. Con quest’ultimo, infatti, la pensione è calcolata considerando i contributi effettivi versati dal lavoratore, pari solitamente al 33% dello stipendio percepito per i lavoratori dipendenti. Più sono gli anni di lavoro quindi e più si presuppone che il montante contributivo sarà più alto. Andare in pensione con 5 anni di contributi non sarà quindi lo stesso di andarci con 20, 30 o 40.
Pensione senza contributi, esiste un modo?
Concludiamo parlando di una misura che di fatto non rientra tra le opzioni di pensionamento ma che è allo stesso modo importante dal momento che si rivolge a tutti coloro che al compimento dei 67 anni non hanno maturato sufficienti contributi per accedere alla pensione di vecchiaia.
Ci riferiamo all’Assegno sociale che, non è un caso, da molti viene chiamato ancora “pensione” sociale. Con questo strumento spetta un assegno mensile il cui importo nel 2024 è pari a 534,41 euro (per tredici mensilità), ma solo per chi soddisfa determinati requisiti reddituali.
Nel dettaglio, per avere diritto a questa misura, per la quale non è richiesto alcun contributo previdenziale consentendo così di accedervi anche a chi non ha mai lavorato, è necessario avere un reddito non superiore all’importo annuo dell’Assegno sociale stesso, pari quindi a 6.947,33 euro. Spetta però per intero solo a chi ha un reddito pari a zero.
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