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La nuova legge sull’utero in affitto #finsubito prestito immediato


di Michele Bartolo-

E’ di stretta attualità il tema della maternità surrogata, dopo la recente approvazione di un disegno di legge al Senato della Repubblica, che ha di fatto modificato in senso restrittivo la legge n. 40 in tema di fecondazione assistita, qualificando la pratica come reato universale, anche se avviene al di fuori dei confini nazionali.

Ma che cosa è la maternità surrogata?

Con il predetto termine, dai detrattori modificato in utero in affitto, viene giuridicamente prevista la possibilità di portare avanti una gravidanza per conto terzi, ovvero una gestazione per altri, che poi saranno i genitori riconosciuti dall’ordinamento

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Questa pratica include differenti tipologie, ma ciò che le accomuna è il consenso di una donna, estranea al rapporto di coppia, di mettere a disposizione il proprio utero per portare avanti una gravidanza altrui. Chi la utilizza sono principalmente le coppie eterosessuali infertili, le coppie omosessuali maschili e, in parti residue, coppie di donne unite civilmente.

La pratica  è appunto già vietata in Italia dalla legge 40/2004. E’ considerata un reato, punito con il carcere da 3 mesi a due anni ed con una multa da 600mila a un milione di euro.

Se questa è la situazione in Italia, per aggirare nei fatti il divieto, è prassi che le coppie che intendono usufruire della gestazione surrogata viaggino nei Paesi esteri dove, con leggi e pratiche differenti, è legale

In questo contesto, deve anche aggiungersi che in Italia esiste  la  legge n.76/2016, che ha regolato  le unioni civili tra coppie omosessuali, le quali, in relazione alla più risalente legge n.184/1983, non possono adottare, cosa anch’essa possibile in molti Paesi esteri.

Proprio per questo motivo, molti omosessuali uomini, desiderosi di avere un figlio, si sono rivolti all’estero per la pratica della maternità surrogata. Avviene, infatti, che uno dei due uomini fornisce il seme che verrà impiantato nella madre surrogata la quale, nella maggior parte dei casi, mette a disposizione solo l’utero.

Ma il raggiro al divieto avviene in forma più palese nel caso di coppie eterosessuali che, al rientro in Italia, richiedono all’anagrafe la trascrizione automatica del certificato di nascita formato all’estero, dove risultano i loro nomi ma non risulta la tipologia della fecondazione.

Con la modifica della legge 40 sarà ora punibile il reato anche se un cittadino italiano vi ricorrerà in uno Stato in cui la pratica dell’utero in affitto è legale.

Indubbiamente, il tema è tanto giuridicamente complesso quanto eticamente sensibile e taglia trasversalmente le aree politiche.  Sicuramente, senza entrare nel merito, deve rilevarsi che è giuridicamente discutibile  il principio secondo cui ciò che è reato in un paese può diventare lecito in un altro.

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Il problema di fondo non è la legge approvata ieri in via definitiva dal Senato, che alla fine si limita ad estendere la punibilità di un reato già esistente nel nostro ordinamento da venti anni, figlio appunto della legge n. 40 del 2004. Tutto sommato, nell’ottica della previsione restrittiva già esistente, prevedere che ciò che viene qualificato come reato valga sempre e comunque, a prescindere da dove avviene la pratica, è quasi una conseguenza logica prima che giuridica della legge già esistente.

Il tema etico che divide le coscienze ed agita il dibattito è alla fine un altro, quello della tutela dei figli, dei minori, cui la Costituzione prima e le leggi poi impongono di ispirare le regole che sovrintendono alla nostra civile convivenza.

Da questo punto di vista, anche se a venti anni di distanza, è semmai opportuno chiedersi se sia giusto tutelare la famiglia naturale come prevista nella Costituzione od aprire la strada ad altre nuove famiglie, seguendo il diritto vivente rispetto a quello racchiuso nei Codici.

Sicuramente il tema è molto delicato ed entrambe le diverse prospettazioni hanno ragioni da portare a loro sostegno. Ciò che sicuramente deve considerarsi è che si parla tanto di questo tema perché non è una pratica relegata all’eccezione o alla marginalità, ma riguarda un consistente numero di cittadini e cittadine italiane. E’ auspicabile, quindi, che l’intervento correttivo adottato, sia pure da un  punto di vista meramente giuridico, riapra il dibattito sulla questione principale, cercando di contemperare nella maniera migliore le opposte visioni e mettendo al primo posto la tutela dei nascituri.

 

 

 

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