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Olio su tela
cm. 28,5×41
Si riporta integralmente la scheda di G.L. Marini relativa al pittore in Dizionario Enciclopedico dei Pittori e degli Incisori Italiani, Milano, Mondadori, 1983, vol. III, pp. 313-316:
Allievo di Giuseppe Coen, iniziò tardi a dipingere se la sua prima opera nota, il bozzetto ad olio La Dogana e Salute a Venezia (Ferrara, raccolta Brighenti), eseguito dal vero ma ricalcato da un dipinto del Coen – come rivelano le caratteristiche invetriature dell’acqua e la fantastica fissità – è datato 1853.
L’attività di questo fecondo pittore non fu fortunata perché i concittadini non lo considerarono mai più che un felice dilettante né la critica gli rese giustizia; forse anche per l’indole modesta e per l’attitudine a lavorare da solo e in silenzio, confermata dalla sua autodefinizione, un po’ all’antica, di «prospettico». Tuttavia tale etichetta, anche se a torto, meglio si sarebbe adattata al suo più anziano maestro, il Coen, mentre Giuseppe Chittò è un vedutista meticolosamente esatto; non documenta, non registra, non «fotografa» perché non si riallaccia, come il Coen, ai vedutisti veneti del ‘700, ma guarda con maggiore attenzione a quelli dell’800. A Venezia, dove si era recato per perfezionare gli studi, osservava certamente con maggior simpatia i quadri di Ippolito Caffi e di Giuseppe Borsato piuttosto che quelli del Bison, troppo nervosi. Possiede la vocazione del narratore non dinamico, ma descrittivo e per questo racconta ogni suo elemento architettonico così com’è, come appare sotto la luce più attesa, com’è fatto e che colore ha; quasi misura le proporzioni di ogni cosa, del minimo particolare, dopo aver registrato montagne di appunti grafici nei propri taccuini. Fu probabilmente anche a Parigi, viaggio che, secondo il Savonuzzi, potrebbe spiegare le luci e le ombre tagliate con tanta sicurezza del suo quadretto Via Carri a Ferrara vista dalla finestra di casa (Ferrara, Collezione Gioelli). Non alieno dai nuovi linguaggi, rifiutò quasi in blocco le istanze innovatrici manifestate dai pittori amati a Venezia: Caffi che si evolveva verso il macchiaiolismo o Bison che spezzava l’ironica immobilità dei propri paesaggi, perché non interessavano la sua rimeditazione sul passato. Fu invece immediatamente disponibile alla lezione luministica dei paesaggi romani del Corot. Fra le opere più significative, oltre a quelle citate, sono Piazza del Mercato e Castello a Ferrara e tre vedute veneziane (Ferrara, Pinacoteca Comunale), La Fortezza di Ferrara al tempo degli Austriaci (Ferrara, Museo del Risorgimento), Il Castello di Ferrara visto dal Canale Panfilio e Il Duomo di Ferrara visto dalla Torre dell’Orologio (Ferrara, Collezione Gioelli), la Coffehouse dei Piopponi a Ferrara (Ferrara, raccolta Brighenti).
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