BRUXELLES. I contorni esatti dello strumento sono ancora da definire, ma una proposta concreta potrebbe planare sul tavolo dei ministri delle Finanze e su quello dei leader già a giugno, subito dopo le Europee: l’Ue sta valutando la possibilità di utilizzare il Mes per finanziare le spese per la Difesa degli Stati, in particolare di quelli che sono ancora lontani dall’obiettivo del 2% del Pil fissato dalla Nato e che non riescono a raggiungerlo anche perché devono far fronte a elevati tassi d’interesse per finanziarsi sui mercati. Un identikit che risponde perfettamente all’Italia, la quale resta però l’unico Paese a non aver ratificato la riforma del Meccanismo europeo di Stabilità.
L’idea di cui si sta discutendo informalmente a Bruxelles prevede l’istituzione di una linea di credito ad hoc, all’interno dello stesso Mes, per fornire prestiti a tassi agevolati agli Stati che decideranno di attivarla. Senza alcuna condizionalità macroeconomica, ma con un solo requisito: utilizzare quei soldi per gli investimenti e le spese in Difesa e sicurezza, oppure per sostenere militarmente l’Ucraina. In sostanza si tratterebbe di replicare il modello adottato durante la pandemia con la linea di credito pandemica da 240 miliardi di euro.
Ci sono certamente ostacoli tecnici e politici, ma tra i diplomatici di stanza a Bruxelles si stanno facendo largo due considerazioni legate al fatto che nei prossimi mesi bisognerà trovare una soluzione per colmare il gap di investimenti pubblici nel settore delle Difesa. E bisognerà farlo attraverso un’iniziativa comune, diversamente si creeranno disparità. La prima considerazione è che il dibattito sugli Eurobond è ancora acerbo per via dell’opposizione dei nordici e difficilmente potrà concludersi con un esito positivo in tempi brevi.
La seconda è che il Mes ha attualmente una capacità di prestito da 422 miliardi di euro che è totalmente inutilizzata e dunque potrebbe essere sfruttata per raggiungere, con uno strumento diverso, lo stesso obiettivo degli Eurobond: fornire prestiti a tassi agevolati ai Paesi in modo da farli risparmiare sui costi di finanziamento. Per quanto riguarda l’opposizione italiana, che continua a considerare il Mes un babau, secondo un alto funzionario Ue «la soluzione individuata potrebbe servire da incentivo a Roma per ratificare la riforma, dato che offrirebbe un diverso uso di questo strumento, esattamente come ha chiesto la premier Giorgia Meloni».
Tra gli ostacoli di tipo tecnico, però, potrebbe emergere la ragione sociale del Mes. Il Meccanismo europeo di Stabilità è stato introdotto per assicurare la stabilità finanziaria degli Stati membri e dunque può intervenire quando questa è a rischio. «L’attivazione di una linea di credito per finanziare le spese militari – spiega un’altra fonte Ue – dovrebbe essere giustificata da una minaccia alla stabilità finanziaria». Un’interpretazione tutt’altro che impossibile. Lo stesso Pierre Gramegna, direttore esecutivo del Mes, al termine dell’Eurogruppo di febbraio aveva definito «abbastanza logica» la possibilità di usare la sua capacità finanziaria per sostenere la Difesa Ue: «Le tensioni geopolitiche e la guerra in Ucraina hanno innescato discussioni sulla sicurezza e la Difesa che richiederanno ingenti investimenti e in una certa misura aumenteranno anche i rischi finanziari per i Paesi dell’Eurozona».
Di certo gli sponsor di questa soluzione non mancano. Enrico Letta l’ha proposta tra le righe del suo rapporto sul mercato unico, dove suggerisce di introdurre una linea di credito del Mes per fornire prestiti fino al 2% del Pil di ciascuno Stato, e l’idea è piaciuta ai governi dei Paesi Baltici. Anche Emmanuel Macron, nel suo discorso alla Sorbona, ha fatto un riferimento alla possibilità di utilizzare “meccanismi che già esistono, dei meccanismi europei di stabilità o altro”. Gli scettici fanno però notare che il Mes ha ormai un problema “reputazionale” e il fatto che nessun Paese dell’Eurozona abbia attivato la linea di credito pandemica, lasciando inutilizzati 240 miliardi di euro, non aiuta a trovare argomenti a favore. Ma è anche vero che a quell’epoca (nel 2020) gli Stati avevano già a disposizione diversi strumenti di finanziamento comune, tra cui il piano Sure e il Next Generation EU, mentre oggi c’è una reale esigenza di finanziamenti comuni. «E non potranno essere soddisfatti semplicemente modificando soltanto il mandato della Banca europea per gli investimenti» ammette una fonte diplomatica.
«In Europa bisogna abbandonare le gelosie nazionali e passare a un’economia di guerra», ha detto il ministro degli esteri di Kiev, Dmytro Kuleba, intervenendo al forum dell’industria della Difesa Ue-Ucraina. Dove l’Alto Rappresentante Josep Borrell, rivolgendosi ai rappresentanti delle 150 società in sala, ha mandato un messaggio chiaro: «Voi trovate il modo di collaborare e noi vi forniremo i finanziamenti necessari».
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link
Informativa sui diritti di autore
La legge sul diritto d’autore art. 70 consente l’utilizzazione libera del materiale laddove ricorrano determinate condizioni: la citazione o riproduzione di brani o parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi qualora siano effettuati per uso di critica, discussione, insegnamento o ricerca scientifica entro i limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera citata o riprodotta.
Vuoi richiedere la rimozione dell’articolo?
Clicca qui